Pubblico qui spiegazione gentilmente concessa dall'avv Maria Stella La Malfa del foro di Palermo, che ringrazio sentitamente per la cortesia (mariastella.lamalfa@gmail.com)
Qual
è il termine di validità dei certificati? Dopo quanto tempo dalla
emissione devo rifarli? E quelli emessi all’estero?
Una
delle domande più frequenti che spesso mi viene posta riguarda la
validità dei certificati, soprattutto quelli emessi all’estero,
con specifico riferimento alle pratiche di cittadinanza ius sanguinis
cioè, per farla breve, in tanti mi chiedono se-una volta
emessi-esista un termine oltre il quale questi certificati vadano
rifatti.
È
bene ricordare che la validità dei certificati è regolata nel
nostro ordinamento dall’art. 41 del d.p.r. 445/2000 (così come
modificato dalla legge 183/2001) che espressamente stabilisce che:
“I
certificati rilasciati dalle pubbliche amministrazioni attestanti
stati, qualità personali e fatti non
soggetti a modificazioni hanno validità illimitata.
Le restanti certificazioni hanno validità di sei mesi dalla data di
rilascio se disposizioni di legge o regolamentari non prevedono una
validità superiore”.
In
altre parole, se le indicazioni contenute nel certificato non sono
soggette a modifiche allora il certificato non ha scadenza ed ha
validità per sempre; in caso contrario, ha una durata di sei o
quella specifica prevista da altre norme.
Basti
pensare al certificato di nascita o di morte per capire il senso
della norma.
Che
necessità ci sarebbe,ad esempio, di richiedere l’emissione di un
nuovo certificato di nascita, rilasciato ad esempio nel 2016,
relativo ad un discendente nato nel 1900? Quali informazioni nuove
dovrebbe contenere?
Inoltre,
si sottolinea come la eventuale apposizione della dicitura relativa
alla durata di sei mesi in tali certificati è da considerarsi come
non apposta in quanto contraria al dato normativo.
Qualcuno
potrebbe obiettare che questa norma però si applichi soltanto ai
certificati emessi da un ente pubblico italiano ed invece no!
Infatti,
non solo da un lato, nella applicazione delle norme esistono dei
criteri ermeneutici contenuti nell’art. 12 delle Disposizione
Preliminari al Codice Civile (cosiddette Preleggi) tra cui la
interpretazione analogica ma è stato proprio l’Ufficio III della
Direzione Generale per gli Italiani all’estero e le Politiche
Migratorie del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione
Internazionale, competente per le questioni attinenti alla
cittadinanza italiana che, a seguito di apposito quesito formulato
dalla Prefettura UTG di Bergamo, ha chiarito ulteriormente la
applicazione, in via analogica, anche per i certificati esteri, di
quanto disposto dall’art. 41 del citato decreto.
Pertanto,
è ben possibile produrre ai fini del riconoscimento della
cittadinanza certificati emessi anche da più di un anno purché
relativi a fatti non più modificabili per cui va da sé per esempio
che tutti i certificati relativi a persone defunte abbiano durata
illimitata nel tempo e richiedere di rifare tutti i documenti solo
perché è passato un anno o sei mesi significa, a mio avviso,
gravare di ulteriori spese (inutili) il richiedente la cittadinanza
italiana.
Una
cautela maggiore si potrebbe avere per i richiedenti, soprattutto per
eventuali certificati di matrimonio ma non mi sentirei di chiedere di
rifare nel 2020 un certificato emesso nel 2018 se non ci sono state
modifiche.
Del
resto, con riferimento al processo giudiziale, va ricordato che il
processo è retto dall’onere probatorio per cui la parte deve
fornire la prova del suo diritto ed, in particolare, nei processi di
cittadinanza ius sanguinis, la prova della filiazione da discendente
italiano per cui il giudice più che la data dell’atto valuterà il
contenuto dell’atto.
Aggiungo
una nota: la procura alle liti non ha nemmeno quella un termine
poiché viene rilasciata, a seconda se è generale o speciale, per
compiere determinati atti o un determinato processo oppure ad una
serie indeterminata di liti e pertanto, non serve rifarla dopo un
anno .